giovedì 7 febbraio 2013
lunedì 4 febbraio 2013
I bambini: uno dei 13 destinatari dell'azione educativa
Quando andiamo a parlare di lavoro educativo dobbiamo sempre tenere in considerazione che l'azione educativa è sempre rivolta ad un destinatario, non è possibile proporre un'educazione astratta ma bisogna sempre far riferimento ad un luogo e ad un tempo.
Andando a considerare il destinatario della nostra azione dobbiamo identificarlo come un'entità complessa non riducibile ad una caratteristica, infatti il destinatario comprende:
- innanzitutto è sempre una persona umana ed è a priori soggettivo ed empirico in ogni impresa di conoscenza > soggetto non è mai definibile prima ma rimane inconoscibile, possiede una libertà. All'educatore / genitore è negata la possibilità di conoscerlo a pieno;
- possiede una storia esistenziale parzialmente interpretabile;
- inevitabilità esistenziale della soggettività, la quale porta ad una complessità propria dell'azione educativa.
Il primo destinatario dell'azione educativa è proprio il bambino. Ciò è stato sostenuto ed evidenziato soprattutto negli ultimi anni, il tutto è regolato da delle leggi nazionali e con la predisposizione di servizi specifici a sostegno del benessere del bambino.
I primi che si sino interessati al sostentamento e aiuto dei più piccoli sono:
- Elda Scarzella negli anni '60, periodo del boom economico in cui si è visto necessaria la predisposizione di strutture specifiche per custodire i bambini più piccoli mentre le madri lavoravano. Ecco che si definisce una politica di sostegno al lavoro femminile > è presente una cura del bambino in cui non è ancora evidente un'intenzionalità educativa;
- 1925 l'opera nazionale maternità infanzia (ONMI) > assistenza al bambino abbandonato, cura, assistenza sanitari e nutrizionale, garantisce la custodia e un benessere fisico e psicologico. Realizzazione di spazi in cui si riflette l'idea che il bambino è un soggetto da assistere;
- legge 1044 del 1971 predisposizione di asili nido comunali: proposti a sostegno della donna pronta per entrare nel mondo del lavoro. Ecco che l'asilo svolge una funzione pedagogica ed educativa non solo sociale: è un servizio pubblico. I primi asili si inseriscono nelle fabbriche.
- legge 285 del 1997 afferma che gli asili sono luoghi di incontro e confronto tra educatore e famiglia. Ruolo fondante di quest'ultima con cui si deve predisporre un rapporto di fiducia, ascolto e compartecipazione nello sviluppo. Predisposizione di progetti a sostegno di uno sviluppo globale del bambino.
- Loris Malaguzzi ripropone le idee della Montessori, realizza strutture per rispondere all'esigenza sociale, propone degli asili nei comuni nel circondario di Reggio Emilia: il più importante è negli anni '90 Reggio Children successivamente copiata in tutto il mondo.
martedì 29 gennaio 2013
Il ruolo del padre nello sviluppo del bambino
Nella società moderna gli uomini stanno cambiando il loro modo di porsi nei confronti del figlio: ciò che cambia è la competenza genitoriale molto diversa rispetto ad un tempo.
Oggi tale competenza è visibile nel continuo e sempre più evidente possibilità di affiancarsi alla figura materna: ossia il padre è in grado di assecondare le cure del bambino, è in grado di alimentare il bambino grazie all'uso del biberon, oppure si occupa di cambiare i pannolini e riesce a fare il bagnetto. Parlare del nuovo tipo di relazione che si va ad instaurare con il padre non si intende però andare ad intaccare o sostituire la figura della madre: infatti entrambe le relazioni sono uniche e irripetibili.
In un tempo antico la donna aveva il compito di mettere “al” mondo il figlio e il padre quello di metterlo “nel” mondo, di insegnargli a vivere nella società. Il padre era colui che trasmetteva le regole sociali, esempio di autorità, e detentore dei valori. Il padre era la figura forte che proteggeva il figlio e lo accompagnava nel mondo insegnandogli a vivere e ad adattarsi alle richieste sociali.
Nella società moderna il padre ha modificato radicalmente la sua posizione, non solo a causa del cambiamento della società ma anche a causa dei continui cambiamenti radicati nello stesso tessuto sociale in cui rientra il paradigma mentale del tempo.
Interessante è anche notare il cambiamento che ha riguardato il ruolo della donna nella società odierna. La donna moderna non solo è moglie ma è anche madre che lavora, la quale è in grado di suddividere la sua vita tra faccende domestiche, vita professionale ed educazione dei figli.
"Tanto più la donna esce dalle mura domestiche e si proietta nella società tanto più l’uomo entra in casa, contribuisce alle faccende domestiche e alla crescita dei figli."
Secondo alcune ricerche proposte sulla possibilità che esista un particolare istinto paterno considerano e mettono in evidenza un potenziale innato che si attiva con l’esperienza di diventare genitori ma che ha inevitabilmente un’interazione con gli aspetti culturali dell’ambiente. Sia nel maschio che nella femmina esiste una predisposizione ad assumere comportamenti di cura nei confronti dei figli ma il condizionamento sociale e culturale porta l'uomo ad una deviazione dell'atteggiamento secondo modalità accettati dalla società. Secondo altre ricerche si parla della paternità come pura “invenzione sociale” identificabile come un comportamento appreso differente della maternità.
Se dobbiamo pensare al padre, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, ma non solo, scopriamo che egli riveste effettivamente un’importantissima funzione: egli sostiene e in parte determina la relazione madre-bambino proprio grazie al suo modo di essere presente nella famiglia, con questa funzione egli regola la distanza nel rapporto madre-figlio: potremmo definirlo il regolatore della relazione empatica.
Freud (1924) teorizza l'ingresso del padre nella relazione con il figlio solo attorno ai tre o quattro anni di vita: egli entra veramente nel triangolo relazionale solo in epoca edipica.
(www.psicologi-italia.it/psicologia)
sabato 26 gennaio 2013
STRANGE SITUATION
1º episodio: in una stanza apposita vengono fatti entrare, e successivamente lasciati soli, la madre con il figlio.
2º episodio: nella stanza sono presenti dei giocattoli in un angolo, il bambino ha così la possibilità di esplorare l'ambiente ed, eventualmente, giocare con lei.
3º episodio: entra un estraneo che siede prima in silenzio, poi parla con la madre e successivamente coinvolge il piccolo in qualche gioco.
4º episodio: la madre esce lasciando il bambino con l'estraneo.
5º episodio: successivamente rientra la madre nella stanza ed esce lo sconosciuto.
6º episodio: in questo episodio la madre lascia di nuovo il bambino; è da notare che questa volta lo lascia solo.
7º episodio: entra l'estraneo e, se necessario, cerca di consolare il bambino.
8º episodio: la madre rientra nella stanza.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale prof.Biasin)
mercoledì 23 gennaio 2013
MARY AINSWORTH (1913-1999)
Come Bowlby anche Mary Ainsworth propone dei tipi di attaccamento madre/bambino. L'attaccamento è il modello di protezione e base sicura cui ritornare nelle fasi di esplorazione della reltà circostante.
In particolare propone un'attenta osservazione sperimentale sui piccoli primati dei coniugi Harlow tra il 1958 e il 1965. E' visibile come si cercò di allevare i cuccioli di macaco privandoli della madre; le scimmie disponevano solo di due sostituti materni: uno era un peluche di morbida stoffa e l'altro di metallo; quest'ultimo era fornito di biberon al quale le scimmie affamate si attaccavano per succhiare il latte. Dalle ripetute osservazioni risulta evidente come le scimmie trascorrevano la maggior parte del tempo vicino al pupazzo di stoffa, anche se era privo di biberon, e si attaccavano alla sagoma metallica solo per mangiare. Dopo qualche settimana le scimmie divennero tristi e spaurite a causa della mancanza del contatto fisico e di sguardi. Quando le scimmie divennero grandi si comportarono come "cattive madri": mostravano indifferenza verso i loro piccoli, non li allattavano, non si ribellavano se succedeva qualche cosa ai piccoli e arrivavano ad aggredirli e rifiutarli.
Oltre ad una sperimentazione scientifica propone anche un'osservazione nei piccoli degli esseri umani visibile nella STRANGE SITUATION. Qui viene provocato uno stress relazionale che rivela i principali stili di comportamento attivati: ilo comportamento esploratorio, il comportamento prudente o timoroso, il comportamento di attaccamento, il comportamento socievole e il comportamento arrabbiato/ resistente.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
domenica 20 gennaio 2013
BOWLBY: TEORIA DELL'ATTACCAMENTO
Propone una teoria dell'attaccamento la quale è sostenuta da una base etologica-biologica tra organismo e ambiente. In particolare questa teoria mette in evidenza l'importanza della relazione tra madre e bambino, questo risulta essere il punto di partenza per interpretare i legami affettivi. Se l'attaccamento risulta essere sicuro porta un senso di protezione sia interna sia esterna rispetto ad agenti che possono danneggiare il bambino. Il legame che va a costituirsi nei primi anni di vita è il prototipo della percezione di sé in una relazione con gli altri.
Esistono 4 tipi di attaccamento definiti attachment patterns ( Bowlby, Ainsworth, Main):
- l'attaccamento risulta essere sicuro nel 70% della popolazione, mentre il restante 30% si divide tra insicuro evitante e insicuro ambivalente;
- l'attaccamento insicuro ambivalente è visibile nei casi in cui il bambino si trova all'interno di una famiglia a rischio;
- l'attaccamento disorganizzato/disorientante può dare origine a patologie ed è dovuto principalmente a maltrattamenti, abusi, psicopatologie;
- l'attaccamento insicuro è dovuto ad una serie di fattori che caratterizzano il caregiver (stress, divorzio, morte, abusi, malattia...);
- è possibile il passaggio dall'attaccamento insicuro a quello sicuro tramite il recupero della relazione con il bambino;
- l'attaccamento dipende dalla qualità di rapporto con il caregiver;
- l'attaccamento persiste per tre generazioni e dipende dalla cultura di appartenenza.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
giovedì 17 gennaio 2013
BOWLBY
Propone una visione nuova dell'infanzia dando centrali importanza al concetto di legame, il quale risulta essere fondante per la vita dell'uomo. Fin dai primi mesi del bambino la madre deve essere in grado di garantire una base sicura su cui il bambino può sempre far riferimento. In particolare Bowlby propone una metafora per far comprendere al meglio tale concetto.
"METAFORA DELLA NAVE" > la nave che si trova nel porto è al sicuro ma quando sceglie di partire significa che si ritiene autonoma e sicura nella sua possibilità di prendere il largo, tale nave rimane stabile non solo quando si trova a poca distanza dal porto ma anche quando si trova in mare aperto.
Con tale metafora si identifica il porto come la famiglia a cui il bambino può sempre ritornare in caso di necessità o emergenza. La famiglia deve garantire quel porto sicuro da cui il bambino può allontanarsi solo dopo aver rafforzato e reso solido il suo legame con la madre.
Bowlby propone degli studi in collaborazione con Anna Freud rispetto alla deprivazione materna. In particolare Anna Freud si interessa dei bambini attivi anche se sono stati deprivati da una base sicura ma risultano essere in grado di innescare una capacità di relazionarsi con gli altri ( introduce il concetto di resilienza). Descrive un bambino che anche se risulta devastato dal punto di vista psicologico ed emotivo è in grado di superare questo aspetto negativo instaurando relazioni con altri e ritrovando una sorta di benessere.
Bowlby mette in evidenza come la mancanza della figura di attaccamento primario ossia dell'adult caregiver risulta essere negativa per lo sviluppo del bambino. Quest'ultimo, nel periodo che va dai 6 mesi ai 30 mesi (ossia il periodo cruciale per lo sviluppo della persona sana), si attacca alla figura di riferimento il quale deve garantire benessere e cura. A seconda del modo di relazionarsi del caregiver si influenza il costituirsi dell'attaccamento (ossia il modo di relazionarsi con gli altri) che influenza non solo i pensieri ma anche i sentimenti e le relazioni future. Tutto questo avviene in un periodo limitato nel tempo che influenzerà l'intero arco di vita dell'individuo.
Bowlby va a definire in fasi il costituirsi di un legame profondo di attaccamento con la madre:
- prima fase 0-2 mesi: bambino attira l'attenzione della madre;
- seconda fase 2-6 mesi: bambino discrimina l'adulto familiare e non, e c'è la continua individualizzazione del caregiver;
- terza fase 6 mesi ai 2 anni: legame profondo tra bambino e caregiver, quest'ultimo consente la realizzazione della base sicura e lo sviluppo del sistema motorio, linguistico e cognitivo.
Se l'attaccamento è corretto dopo i 2 anni il bambino è indipendente e organizza le proprie azioni. In caso contrario, se la madre non è responsiva, il bambino rafforzerà ed evidenzierà lo sviluppo dell'attaccamento sotto forma di ansietà, pianto e paura.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
lunedì 14 gennaio 2013
WINNICOT
Si dedica alla psicoanalisi infantile, infatti propone un lavoro rivolto all’infanzia. Il punto su cui pone la propria attenzione è il ruolo della famiglia per lo sviluppo dell’individuo e il risvolto di ciò nello sviluppo emotivo consente una maturità nell’individuo. La sua teoria parte da un risvolto pratico: infatti il suo studio parte dal contesto ospedaliero. L’ospedalizzazione risulta essere un’esperienza drammatica per il bambino portando in lui un senso di insicurezza e un accentuarsi del bisogno di cure materne.
Nella relazione che si instaura tra madre e bambino è visibile un meccanismo di allontanamento e vicinanza ( AUTONOMIA-DIPENDENZA); da questo rapporto primigenio si costruisce il sé del bambino e senso del mondo, il tutto mediato dalla madre.
La relazione con la madre è la struttura originaria e andrà a costituire il modo di porci in relazione con gli altri.
Dalla nascita fino all’adolescenza c’è da parte del bambino la costruzione di cerchi relazionali, i quali mettono in evidenza quali siano i punti significativi per il bambino durante la sua vita relazionale. Il primo cerchio il quale risulta essere il più importante è quello che si costituisce con la madre, man mano i cerchi si ampliano inglobando il padre, i parenti, i fratelli, gli amici, la scuola….fino al raggiungimento della relazione più adulta ossia quella con la collettività. In ognuno di questi cerchi relazionali è visibile il perpetuarsi della dinamicità del primo; ma se il primo si blocca ecco che ci sarà una ripercussione sul resto della vita relazionale.
Per garantire questo movimento di dipendenza e indipendenza la madre deve essere in grado di proporre un duplice movimento:
- Illudere 0-12 mesi : ponendo una base sicura per il bambino, la madre è sempre presente ed è fonte del nutrimento; ciò su cui si deve prestare attenzione è la libertà del bambino;
- Disilludere 6 mesi : periodo dello svezzamento, il nutrimento proviene dall’esterno, la madre non è più introiettata ma esterna, possibile avvicinamento tramite il comportamento.
L’allontanamento della madre provoca una frustrazione, la quale può essere superata solo tramite l’oggetto transizionale ossia la idealizzazione di una realtà sostitutiva alla madre. L’oggetto è il mediatore per la costruzione dei cerchi relazionali successivi al primo ed è in grado di veicolare al meglio un allontanamento fisico, nutritivo e relazionale dalla madre.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
venerdì 11 gennaio 2013
Imparare ad ascoltare ciò che non dice il bambino
Il linguaggio è in grado di svelare i segreti più inconsci del bambino o di qualsiasi altra persona con cui ci mettiamo in relazione.
Gli aspetti più significativi che si pongono alla base della relazione con le persone sono:
- stabilire un’immediata empatia;
- individuare le vere esigenze del bambino;
- sostenere le sempre possibili obiezioni;
- distinguere la menzogna dalla sincerità;
- ottenere il consenso.
Padroneggiare le tecniche di comunicazione non verbale (CNV) significa perseguire tutti i punti con una marcia in più rispetto al bambino, garantendo quel gradimento emotivo che lo porta all'acquisizione di un certo grado di fedeltà e a uno stato di benessere.
Per definire la CNV consideriamo ciò che è stato scritto dal famoso psicologo, Paul Watzlawick che, nel suo libro "Pragmatica della comunicazione umana", afferma:
Quando si attua una comunicazione è importante riconosce quale sia la valenza della comunicazione verbale e quale di quella non verbale: la prima occupa circa il 7 % della comunicazione in cui vi è la trasmissione di un messaggio, mentre la seconda occupa il 93% dell'interazione.
L’individuo quindi non comunica semplicemente dicendo delle cose a uno o più interlocutori, ma partecipa a una comunicazione che crea un contesto e delle situazioni proprio in funzione delle interrelazioni delle persone che vi partecipano.
Risulta essere fondamentale da parte dell'educatore il non sottovalutare il modo in cui si cerca di esprimere un concetto, non bisogna solo focalizzarsi sul messaggio da trasmettere. Infatti un'attenta predisposizione e quindi una CNV può aiutare a trasmettere meglio il messaggio, in caso contrario esso può essere peggiorato.
La CNV è il linguaggio del nostro Io-Bambino, è l’espressione del suo gradimento o del suo disagio nel rapporto dialettico che vive con la realtà circostante.
Una comunicazione stimolante coinvolge emotivamente il bambino e la dimensione del suo coinvolgimento necessariamente viene espressa in posture e gestualità.
(www.srcomunicazione.it/comunicazione-non-verbale-impara-ad-ascoltare-cio-che-dice-lio-bambino)
"La padronanza dei contenuti della comunicazione non verbale costituisce oggi una competenza che non può mancare nel repertorio professionale di chi, per lavoro, interagisce quotidianamente con i destinatari più piccoli".
- stabilire un’immediata empatia;
- individuare le vere esigenze del bambino;
- sostenere le sempre possibili obiezioni;
- distinguere la menzogna dalla sincerità;
- ottenere il consenso.
Padroneggiare le tecniche di comunicazione non verbale (CNV) significa perseguire tutti i punti con una marcia in più rispetto al bambino, garantendo quel gradimento emotivo che lo porta all'acquisizione di un certo grado di fedeltà e a uno stato di benessere.
Per definire la CNV consideriamo ciò che è stato scritto dal famoso psicologo, Paul Watzlawick che, nel suo libro "Pragmatica della comunicazione umana", afferma:
“[...] La comunicazione non verbale comprende i movimenti del corpo (cinesica), le posizioni del corpo (prossemica e postura), i gesti, l’espressione del viso, le inflessioni della voce, la sequenza, il ritmo e la cadenza delle stesse parole e ogni altra espressione non verbale di cui l’organismo sia capace e i segni di comunicazione presenti in ogni contesto in cui ha luogo una interazione”.
Quando si attua una comunicazione è importante riconosce quale sia la valenza della comunicazione verbale e quale di quella non verbale: la prima occupa circa il 7 % della comunicazione in cui vi è la trasmissione di un messaggio, mentre la seconda occupa il 93% dell'interazione.
L’individuo quindi non comunica semplicemente dicendo delle cose a uno o più interlocutori, ma partecipa a una comunicazione che crea un contesto e delle situazioni proprio in funzione delle interrelazioni delle persone che vi partecipano.
Risulta essere fondamentale da parte dell'educatore il non sottovalutare il modo in cui si cerca di esprimere un concetto, non bisogna solo focalizzarsi sul messaggio da trasmettere. Infatti un'attenta predisposizione e quindi una CNV può aiutare a trasmettere meglio il messaggio, in caso contrario esso può essere peggiorato.
La CNV è il linguaggio del nostro Io-Bambino, è l’espressione del suo gradimento o del suo disagio nel rapporto dialettico che vive con la realtà circostante.
La comunicazione verbale appartiene invece prevalentemente alla nostra sfera razionale ed è facile e intuitivo.
La CNV esprime quello che la comunicazione verbale non può esprimere.
Una comunicazione stimolante coinvolge emotivamente il bambino e la dimensione del suo coinvolgimento necessariamente viene espressa in posture e gestualità.
(www.srcomunicazione.it/comunicazione-non-verbale-impara-ad-ascoltare-cio-che-dice-lio-bambino)
martedì 8 gennaio 2013
DANIEL STERN
È uno psicologo e psicoterapeuta che ripropone e attualizza la teoria della Klein. Propone una teoria operativa dello sviluppo infantile che consente di ripercorrere la sviluppo della costruzione del senso di sé. Un altro punto su cui punta la propria attenzione è il ruolo della comunicazione non verbale per relazionarsi.
Il punto di partenza su cui poi si dipanerà l’intera questione è come possiamo entrare in relazione con gli altri facendogli conoscere ciò che proviamo. Fin da subito viene messo in evidenza il ruolo dell’imitazione da parte della madre di essere in grado di imitare comportamenti ed espressioni facciali del bambino, ma ciò non implica una comprensione dell’esperienza interiore e quindi non implica lo scambio affettivo. Ecco che Stern propone la teoria della SINTONIZZAZIONE DEGLI AFFETTI con la quale vi è la rivelazione del sentimento ossia uno scambio profondo che si pone oltre la semplice comprensione del comportamento.
Alla base dello scambio è necessario che si ponga la responsività del caregiver ossia deve essere in grado di garantire e infondere nel bambino un senso di sostegno e sicurezza.
I tre punti fondativi della teoria sono:
- Lettura: la madre deve leggere i sentimenti del bambino nel suo comportamento manifesto;
- Corrispondenza del sentimento non una semplice imitazione: madre comprende e rimanda una risposta ossia è in grado di proteggerlo e accoglierlo;
- Ri-lettura: bambino deve essere in grado di leggere la risposta materna, è presente un rapporto con la sua esperienza originaria.
La madre in tutti e tre i passaggi deve essere una persona autentica con cui il bambino può rispecchiarsi.
Stern parla anche di COSTELLAZIONE MATERNA, la quale emerge durante la gravidanza e può durare per mesi o anni. Si intende un senso di preoccupazione psicologica e fisica nei confronti del piccolo nei momenti di pericolo: ecco che si accentua il senso di cura da parte della madre. È opportuno evidenziare che con la nascita di un bambino tutto si modifica: in particolare la realtà della madre si organizza intorno al nuovo nato.
(Appunti di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin e libro Vanna Boffo)
(Appunti di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin e libro Vanna Boffo)
sabato 5 gennaio 2013
MELANIE KLEIN: il ruolo del seno materno
- Seno buono: il bambino quando piange richiama la mancanza del seno, nel momento in cui questo è concesso c’è il superamento di uno stato di invidia, dolore, in particolare va a definirsi quel dualismo di amore e odio/vita e morte > comprensibile solo con la perdita e riconquista dell’oggetto buono (seno);
- Seno cattivo: il bambino prova un senso di invidia, gelosia, rabbia verso l’oggetto, in quanto esso diventa cattivo nel momento in cui possiede ciò che il bambino desidera ossia amore, latte, e quindi godimento e gratificazione.
Il seno percepito dal bambino è come qualcosa di inesauribile, ma è visibile anche un’incapacità di raggiungerlo a pieno.
Il ruolo del seno risulta essere fondante per la nascita delle prime emozioni presenti nell’amigdala. I sentimenti principali con cui il bambino deve imparare a convivere sono l’ANGOSCIA e la FRUSTAZIONE; sentimenti dovuti al meccanismo di introiezione ed estroiezione ossia la comprensione di diversità tra lui e l’esterno: internalizza il nutrimento proveniente dal seno ma scopre l’io come qualcosa di diverso dalla realtà esterna. Grazie alla riconquista dell’oggetto buono il bambino acquisisce una prima competenza ossia è in grado di superare l’angoscia, la frustrazione e ottenere un senso di benessere e serenità.
Infine è opportuno evidenziare come il rapporto con il seno consenta la costruzione del rapporto con la vita e consenta la formazione della personalità.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof.Biasin)
mercoledì 2 gennaio 2013
MELANIE KLEIN
È un’allieva di Freud ma fin da subito si distacca da lui: infatti non propone uno studio sui bambino ma propone un’osservazione sugli adolescenti e adulti per riuscire a comprendere la relazione con il caregiver. (propone una conoscenza della psiche adulta riportandola allo stadio infantile).
I suoi studi cercano di mettere in evidenza l’importanza della relazione materna e genitoriale per uno sviluppo sano dei bambini.
Quello su cui si cerca di porre la propria attenzione è il ruolo fondante della prima relazione oggettuale del bambino ossia il rapporto con il seno materno della madre. È possibile vedere come l’oggetto primario ponga le basi per la costruzione dell’io e consenta uno sviluppo dell’identità adeguato e solido.
Il bambino istintivamente percepisce il seno della madre come sorgente del nutrimento e della vita stessa
RAPPORTO CON L’OGGETTO BUONO=RAPPORTO CON IL CIBO=RAPPORTO CON LA VITA
Al momento della nascita il bambino si ritrova a perdere quel sentimento di sicurezza e unità, il tutto è seguito da un senso di nostalgia verso quella “culla” ritrovata nel ventre materno. Ecco che la nascita risulta essere la prima forma di angoscia portando sentimenti di perdita e separazione dalla madre, per ciò il bambino ha bisogno di riallacciare il rapporto precedente attraverso un bisogno di idealizzazione. Nello stadio pre-natale è presente una forma di coesione tra la realtà conosciuta dal bambino e lui stesso, sono coincidenti, ma alla nascita ecco che la realtà esterna non è più conosciuta dal bambino e che si differenzia da lui. Il bambino è in grado di mantenere il ricordo della vita intrauterina attraverso l’introiezione del seno materno. Questo continuo rapporto tra interno (seno) ed esterno (alimentazione) consente la comprensione della realtà esterna al bambino e che lui e la madre sono due soggetti separati tra loro.
(appunti presi a lezione di pedagogia generale e sociale della prof. Biasin e libro Vanna Boffo: Relazione educativa)
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